L’Europeo su strada del 2018 lo aveva fatto intuire, l’Amstel Gold Race di quest’anno aveva richiamato l’attenzione di tutti, il Tour de France ha posto il definitivo sigillo. Il Ciclocross fa bene all’attività su strada. Oh se fa bene, fa benissimo! Alaphilippe (maglia gialla), Teunissen, Van Aert, Trentin, Sagan sono tutti crossisti che nelle prime due settimane della Gran Boucle non solo hanno dato spettacolo, ma anche e sopratutto hanno fatto la differenza grazie all’expertise e alle abilità acquisite in anni di gare nel fango, in spazi angusti e scivolosi, dove saper prendere una decisione rapida è la chiave, spesso, per vincere una corsa intera.
Cosa c’è di tanto speciale, vi starete chiedendo. É una vita che lo diciamo. Quasi come un sibillino “Eppur si muove” di galileiana memoria lo abbiamo sussurrato prima e urlato a gran voce poi. Però in Italia il concetto è stato ostico, assimilato più lentamente, per fortuna ben radicato nelle categorie giovanili grazie alla pratica della multi-disciplina e, ci sia concesso, agli sforzi del Giro d’Italia Ciclocross e di tutta la Romano Scotti. Ora che l’Università del Ciclismo per eccellenza, il Tour de France, ha concesso a pieni voti la laurea al Ciclocross, possiamo finalmente sperare in inverni (ancor più) mozzafiato e classiche e grandi giri sempre più spettacolari, con quel pizzico di sana follia che solo il ciclocross sa regalare. E parliamo di un Tour, beninteso, in cui non sono servite tappe con percorsi fuori dall’ordinario per far emergere i crossisti, che non hanno certo avuto bisogno dello sterrato (ecco perchè non nominiamo mai le Strade Biance di Siena, troppo semplice) o del pavè. La maturità raggiunta dal ciclocross sta proprio in questa cifra: i crossisti alla Grand Boucle hanno vinto su percorsi ordinari, in condizioni ordinarie, approfittando di ogni occasione più convulsa e incerta per far valere la prontezza di riflessi e la lettura della corsa che solo le gare nel fango, nella neve, nel gelo, nell’acqua e nella polvere sanno dare.
Mentre mattoncino su mattoncino comincia a delinearsi la stagione invernale del Giro d’Italia Ciclocross vi proponiamo la lettura di due articoli che fotografano alla perfezione la “promozione” sul campo del ciclocross e dei crossisti alla Grand Boucle. Il primo è firmato da Carlo Gugliotta per In Bici Magazine (disponibile a questo link: “Commentour – è il Tour de France del Ciclocross“), con lungimiranza e anticipo sui tempi l’esperto giornalista romano, che si è fatto le ossa in casa Romano Scotti (dirigendo per tanti anni l’ufficio stampa del GIC e non solo) ha subito capito l’andazzo della corsa, proponendo un’analisi schietta e disarmante. Gli ha fatto eco, sette giorni dopo, il Corriere dello Sport, con un articolo che vi proponiamo integralmente di seguito, a firma di Alessandra Giardini.
Insomma, qualcuno è ancora convinto che il ciclocross sia una disciplina “di serie B”?